Questa è l’ultimo post dedicato alla patrimoniale e, come promesso, vorrei provare a rispondere alla domanda che tutti ci siamo fatti leggendo i titoli dei giornali del 13 aprile: dobbiamo aspettarci l’arrivo di una patrimoniale?
Cominciamo guardando qualche dato che proprio l’OCSE fornisce nel suo report, limitandoci a Germania, Francia, Spagna e naturalmente Italia.
Quali forme di imposizione patrimoniale esistono oggi in Europa?
Una imposta patrimoniale vera e propria ce l’ha solo la Spagna. La Francia l’aveva fino al 2017, ma Macron l’ha abolita nel 2018. Per il resto tutti i quattro paesi hanno le stesse imposte di natura patrimoniale o parapatrimoniale, se si considerano anche quelle che indirettamente colpiscono i trasferimenti immobiliari in Francia e Germania.
2017 Fonte OCSE | |||||
Imposizione annuale sul valore degli immobili | Imposizione annuale sul valore del patrimonio | Imposta di donazione e successione | Imposta sui capital gain finanziari | Imposta sui trasferimenti immobiliari | |
Francia | SI | SI (1) | SI | SI | NO (2) |
Germania | SI | NO | SI | SI | NO (3) |
Italia | SI | NO | SI | SI | SI |
Spagna | SI | SI | SI | SI | SI |
(1) Abolita nel 2018
(2) Esiste l’imposta di pubblicità fondiaria (aliquota pari a circa il 5%)
(3) Esiste la RETT (aliquota pari a circa il 3%-6%)
Chi ha la tassazione delle persone fisiche più alta in Europa?
Francia e Italia si contendono il primato della più alta tassazione europea, con percentuali di tassazione ben maggiori di quelle di Germania e Spagna.
Il livello di tassazione francese è più alto di 2,5 punti percentuali rispetto a quello italiano, ma l’Italia ha un livello di tassazione personale più alto degli altri paesi di almeno 2 punti percentuali.
Questo significa che le persone fisiche italiane sono le più tassate in assoluto sui redditi che producono. Ma sono anche le più tassate sul patrimonio che possiedono, seconde solo dietro alla Francia il cui dato 2016 però non è più attuale (abolizione della patrimoniale generale dal 2018).
2016 Fonte OCSE DATA | |||
Imposte/PIL | Imposte Personali/PIL | Imposte Reali/PIL | |
Francia | 45,27% | 8,61% | 4,05% |
Germania | 37,55% | 9,99% | 1,06% |
Italia | 42,87% | 11,07% | 2,78% |
Spagna | 33,48% | 7,16% | 2,56% |
Le imposte personali sono le imposte sui redditi delle persone fisiche, compresi i capital gain (in Italia essenzialmente l’IRPEF). Le imposte reali invece sono le imposte sul possesso e il trasferimento di beni mobili e immobili, in sostanza forme di imposizione patrimoniale (in Italia comprende l’Irpef sui redditi immobiliari, l’IMU, l’imposta di registro sulla compravendita di immobili, l’imposta di bollo sui depositi bancari).
Come è ripartito il gettito fra imposte reali e imposte personali nella UE?
Guardando il peso del gettito delle imposte personali sul totale del gettito di ciascun paese, l’Italia è al secondo posto, ma di pochissimo dietro la Germania che occupa il primo posto.
Sempre al secondo posto si attesta l’Italia per quel che concerne la quota di reddito proveniente dalle imposte reali, ma come già detto il dato della Francia, che è al primo posto, non è più attuale.
È interessante osservare che negli altri paesi ad un alta quota di gettito da imposte personali corrisponde una bassa quota di gettito da imposte reali e viceversa.
L’Italia invece ha un’alta quota di gettito da imposte sia personali sia reali, circostanza che conferma che le persone fisiche italiane sono le più (tar)tassate del gruppo.
2016 Fonte OCSE DATA | ||
Imposte Personali/Imposte | Imposte Reali/Imposte | |
Francia | 19,01% | 9,05% |
Germania | 26,60% | 2,83% |
Italia | 25,82% | 6,48% |
Spagna | 21,40% | 7,66% |
Un altro dato interessante al quale guadare quello storico: quante patrimoniali abbiamo avuto in Italia?
Le patrimoniali italiane
C’è un agile studio in rete pubblicato dall’Agenzia delle entrate e quindi insospettabile (Stefano Manestra, Le imposte patrimoniali in Italia, in www.fiscooggi.it, 1 giugno 2012).
Sono in tutto cinque le patrimoniale degli ultimi cento anni, una ogni 20 anni.
Tre sono state patrimoniali straordinarie, collegate ad altrettanti eventi straordinari: nel 1920 per la ricostruzione dopo il primo conflitto; nel 1947 per la ricostruzione dopo il secondo conflitto; nel 1992 per la crisi valutaria (ce lo ricordiamo tutti quando overnight il governo varò un prelievo forzoso dello 0,6% su tutti i depositi bancari).
Due sono state patrimoniali ordinarie, collegata una, quella del 1940 ad esigenze di correzione della tassazione dei redditi; un’altra, quella del 2011, ad esigenze di correzione dei conti pubblici (Governo Monti). In quest’ultima circostanza sono state introdotte una serie diimposte patrimoniali che sono tuttora in vigore (IMU, imposta di bollo sui conti correnti e sui titoli, IVAFE, IVIE).
Con la sola eccezione dell’imposta patrimoniale varata nel 1940, in Italia le imposte patrimoniali sono state usate sempre per fronteggiare situazioni di emergenza (e anche quella del 1940 viene emanata in un periodo non proprio tranquillo).
Cosa ci dicono i dati OCSE e l’esperienza passata?
Che una patrimoniale nuova non serve, perché in Italia un ampio spettro di imposizione patrimoniale c’è già e i venti di crisi sono passati.
Certo, se si dovessero riproporre situazioni di emergenza un incremento delle imposizioni patrimoniali esistenti o una patrimoniale straordinaria stile 1992 non potrebbe escludersi, trattandosi del modo più rapido per lo stato di fare cassa. Ma diciamo che per il momento il problema non sembra porsi.
C’è una sola misura di carattere patrimoniale che da anni è periodicamente riproposta e riguarda l’imposta di successione che da noi è particolarmente bassa rispetto agli altri paesi europei. C’è un passaggio del report dell’OCSE nel quale è possibile scorgere l’esortazione all’Italia a rivedere l’imposta di successione.
Imposta di successione e wealth gap
Secondo l’OCSE: “Inheritance taxes are also central to addressing the persistance of wealth gaps from one generation to the next and tend to be less distorsive than net wealth taxes” [Le imposte di successione sono inoltre centrali per affrontare la persistenza del gap patrimoniale da una generazione all’altra e tendono ad essere meno distorsive delle imposte sul patrimonio netto] (pag. 101).
Durante la passata legislatura erano più volte circolate voci che davano per imminente una revisione delle tasse di successione e un disegno di legge era stato presentato in tal senso.
Ed in effetti l’idea di ridurre il wealth gap fra le generazioni potrebbe trovare sostenitori anche in questa o in prossime legislatura.
Francamente a me pare che un incremento della tassazione dei grandi patrimoni successori accompagnata da una riduzione della imposizione delle piccole eredità potrebbe essere una cosa della quale vale la pena di discutere.
Si tratta naturalmente di mettersi d’accordo su cosa si intende per “grandi patrimoni” e “piccole eredità”, ma questo riguarderà il dibattito politico, se mai il tema diverrà di attualità.
Diciamo quindi che una discussione sulla imposta di successione possiamo metterla in conto. Ma in mancanza di crisi finanziarie nulla di più.
Il tentativo dei giornalisti di interpretare il report dell’OCSE come un invito all’Italia dei governi europei (tutti membri dell’OCSE) ad innalzare la tassazione patrimoniale per ridurre il debito pubblico è dunque solo sensazionalismo? Alla luce di tutto quanto detto fin qui sembrerebbe di sì. Ma poi mi è venuto uno scrupolo.
Wealth Inequality: solo un pretesto?
Lo studio dell’OCSE suggerisce – senza mai menzionare l’Italia – di usare la patrimoniale per provare a correggere la wealth inequality che in Italia – questa volta menzionata dall’OCSE – negli ultimi anni è cresciuta (pag. 34).
Ho voluto controllare di quanto è cresciuta la wealth inequality in Italia e sono andato a vedere le statistiche della Banca d’Italia (Banca d’Italia, Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, 12 marzo 2018, pag. 1, Tabella, Indice di Gini della ricchezza netta nel periodo 2006 – 2016).
La wealth inequality fra il 2006 ed il 2016 in Italia è rimasta perfettamente identica!