L’imposta patrimoniale, ancora? (prima parte)

Se state leggendo questo post è perché avete visto anche voi che il 13 aprile tutti i giornali hanno rispolverato il tema della imposta patrimoniale.

Cosa era successo?

Il giorno prima l’OCSE – un ente intergovernativo con sede a Parigi – aveva pubblicato uno studio intitolato The Role and Design of Net Wealth Taxes in the OECD [Funzione e configurazione delle imposte sul patrimonio netto nell’OCSE].

Lo studio, scaricabile dal sito OECD, suggeriva ai paesi membri dell’OCSE di rivalutare l’imposizione sul patrimonio al fine di ridurre il cosiddetto wealth inequality (diseguaglianza patrimoniale), in altre parole la concentrazione della ricchezza nelle mani di un numero ristretto di persone.

La reazione dei giornali è stata immediata e invariabilmente proposta come “L’Ocse vuole la patrimoniale in Italia”. Ecco alcuni esempi tratti dalle edizioni online dei principali giornali del 13 aprile:

  • Il Sole 24 Ore: Ocse: in Italia più disuguaglianze, una patrimoniale può aiutare a ridurle.
  • Repubblica: Ocse, patrimoniale è strada per ridurre le disuguaglianze.
  • Corriere della Sera: Cresce il divario fra ricchi e poveri. Ocse, la patrimoniale aiuterebbe.
  • ADN Kronos: Ocse: “In Italia serve la patrimoniale“.
  • Avvenire: Disuguaglianze. L’Ocse: in Italia serve la tassa patrimoniale.
  • Il Fatto Quotidiano: Diseguaglianze, l’Ocse consiglia all’Italia la patrimoniale: può ridurle in modo significativo. Il veto degli industriali.

Leggendo i commenti della stampa sembrava quasi che dietro il report dell’OCSE si nascondesse l’invito all’Italia dei governi europei (tutti membri dell’OCSE) ad innalzare la tassazione patrimoniale per migliorare i conti pubblici.

Davvero l’OCSE aveva invocato la patrimoniale in Italia?

Roba da incidente diplomatico, davvero strano, mi sono detto.

L’OCSE è una organizzazione finanziata da 35 governi del mondo che vanno dagli USA, alla Turchia, all’Italia, dove lavorano studiosi di alto livello che si occupano di macro fenomeni economici, sociali e ambientali.

L’OCSE propone analisi tecniche e indica possibili soluzioni di carattere generale, ma si guarda bene dal dire ad un singolo stato cosa deve fare o non fare.

Certo, leggendo le proposte dall’OCSE uno può farsi l’idea che tutte o alcune vadano bene anche per l’Italia, ma questa sarebbe una opinione personale tratta dalla lettura degli studi dell’OCSE e non potrebbe mai in onestà essere spacciata come l’opinione dell’OCSE.

Mi sono armato di pazienza ed ho deciso di leggere le 109 pagine del report da cima a fondo.

 

Ecco allora cosa dice davvero l’OCSE

  • Punto primo: l’OCSE osserva che fra i paesi che hanno visto aumentare la wealth inequality dopo l’inizio della crisi finanziaria c’è anche l’Italia. Dice l’OCSE “… since the crisis, wealth concentration at the top has increased    in four of them (Italy, the Netherlands, the United States and the United Kingdom), while wealth inequality at the bottom of the distribution increased in all countries except the United Kingdom (OCSE, 2015)“[…dall’avvio della crisi, la concentrazione di ricchezza in alto è aumentata in quattro paesi (Italia, Olanda, USA, Regno Unito), mentre la diseguaglianza  patrimoniale in basso è aumentata in tutti paesi con la sola eccezione del Regno Unito (OCSE, 2015)] (pag. 34).
  • Punto secondo: l’OCSE non nomina mai l’Italia, né alcun altro paese, come destinataria di suggerimenti di politica fiscale. L’Italia è nominata alle pagine 23, 24, 32, 34, 35 e 37 del report per analisi e comparazioni di dati economici e fiscali dei paesi OCSE.
  • Punto terzo: l’OCSE chiarisce subito che una imposta generale sul patrimonio serve davvero in casi limitati. La tesi dell’OCSE è che “there are limited arguments for having a net wealth tax in addition to broad-based personal capital income taxes and well-designed inheritance and gift taxes” [ci sono limitati argomenti a favore di una imposta sul patrimonio netto che si aggiunga ad imposte ad ampio spettro sui capital gain delle persone fisiche e ad imposte ben configurate sulle successioni e sulle donazioni] (pag. 11). E questo perché “net wealth taxes tend to be more distorsive and less equitable” [le imposte sul patrimonio netto tendono ad essere più distorsive e meno eque] (pag. 11).
  • Punto quarto: l’imposizione patrimoniale periodica (quella cioè che si paga ogni anno) è stata soggetta in tutti i paesi che l’hanno adottata a significativi fenomeni di elusione ed evasione della base imponibile: “Generally, countries’ experience confirm the difficulties involved in taxing net wealth on a recurrent basis” [Generalmente, l’esperienza dei paesi conferma le difficoltà connesse alla tassazione del patrimonio netto su base periodica] (pag. 101).
  • Punto quinto: secondo l’OCSE i soli casi nei quali l’imposizione patrimoniale è necessaria è “in the absence of broad-based personal capital income taxes and taxes on wealth transfers” (pag. 12) [in assenza di imposte ad ampio spettro sui capital gain delle persone fisiche e ad imposte sul trasferimento della ricchezza] (pag. 12). Più esattamente “a net wealth tax can serve as an imperfect substitute for taxes on personal capital income, on capital gains or on wealth transfers” [una imposta sulla ricchezza netta può servire come un sostituto imperfetto per imposte personali sui redditi di capitale, sui capital gain o sul trasferimento di ricchezza] (pag. 12).
  • Punto sesto: l’OCSE cita come esempi di paesi dove è già presente un ampio ventaglio di tasse sul patrimonio il Belgio, la Francia, la Spagna e l’Italia. Secondo l’OCSE “Interestingly, the mix of property tax instruments varies quite significantly across countries. Some countries levy a combination of many types of property taxes (e.g. Belgium, France, Italy, Spain) while other not.” [È interessante osservare che il mix di strumenti di imposizione della proprietà varia in modo abbastanza significativo fra i paesi. Alcuni paesi riscuotono una combinazione di molti tipi di imposte sulla proprietà (ad esempio Belgio, Francia, Italia, Spagna) mentre altri non lo fanno] (pag. 23).
  • Punto settimo: l’OCSE richiama l’attenzione sull’importanza di una forma particolare di imposizione patrimoniale, quella che tassa la ricchezza al momento del passaggio generazionale. In Italia si chiamaimposta di successione. Secondo l’OCSE, “Inheritance taxes are also central to addressing the persistence of wealth gaps from one generation to the next and tend to be less distorsive than net wealth ta” [Le imposte di successione sono inoltre centrali per affrontare la permanenza del divario patrimoniale da una generazione alla successiva e tendono ad essere meno distorsive dell’imposta sul patrimonio netto] (pag. 101).

Questo è quello che dice l’OCSE, almeno per quanto interessa alla maggior parte di noi.

Conclusioni possibili?

La prima conclusione che possiamo trarre è che l’OCSE dice cose molto diverse da quelle che hanno riportato quasi tutti i giornali nei titoli e molti anche negli articoli.

L’OCSE segnala che l’Italia ha già messo in campo un ampio ventaglio di imposte sul possesso (IMU, imposta di bollo sui conti correnti e titoli, IVAFE e IVIE) e sui trasferimenti di patrimonio (imposta di registro e imposta di successione) e prevede una tassazione diffusa dei capital gain (IRPEF e sostituiva).

Nonostante questo l’OCSE segnala che il wealth inequality ha continuato ad ampliarsi dopo la crisi, a riprova del fatto – come avverte sempre l’OCSE – che l’imposizione patrimoniale è poco efficace a ridurre le disparità di ricchezza.

In tutto questo è davvero difficile vedere un inno alla patrimoniale o un invito all’Italia ad adottarne una. Si intravede semmai in alcuni passaggi del report (pag. 52 e 70, per esempio) un certo favore dell’OCSE per una imposizione progressiva e poco piatta della tassazione dei capital gain e della successione. Qui il riferimento all’Italia c’è perché entrambe le forme di imposizione sono da noi più piatte che progressive.

Tutti però ricordiamo che in passato entrambe le forme di imposizione erano in Italia fortemente progressive: fino al 2001 la vecchia imposta di successione aveva aliquote che arrivavano al 33 % e fino all’anno scorso i capital gain più alti erano tassati con il 50% delle aliquote IRPEF, una imposta non proprio piatta.

Ma da quel passato fatto di dichiarazioni lunari e aliquote svedesi siamo scappati, sollecitando tutti insieme la massima semplificazione fiscale e la riduzione delle tasse per tutti, soprattutto di quelle sgradevolissime sulle successioni, abolite dai governi Berlusconi e Prodi (per l’esattezza, Berlusconi le ha abolite e Prodi le ha reintrodotte, ma con aliquote molto basse).

Magari invece non tutti ricordiamo che ancora pochi mesi fa autorevoli studiosi quali Nicola Rossi – professore di economia e ex deputato dei PD – magnificavano la bellezza della flat tax per tutti i redditi e trovavano sponda proprio su quei giornali che il 13 aprile hanno salutato con favore il presunto invito dell’OCSE ad introdurre una patrimoniale in Italia.

Tanto chiasso per nulla quindi? Solito giornalismo sensazionalista? Caso patrimoniale chiuso?

Non proprio. Qualche ragionamento intorno ai temi sollevati dallo studio dell’OCSE è meglio provare a farlo. Per capire, prima di tutto, cosa significa tassare e in particolare cosa vuole dire tassare il reddito e tassare il patrimonio. Magari guardando proprio i dati che la stessa OCSE mette a disposizione e confrontandoli.

Ma per capire anche se lo studio dell’OCSE ha altri significati rispetto a quelli che appaiono in superficie.

Se vuoi esprimere il tuo parere, scrivimi