Il 6 ottobre 1938 il Gran Consiglio, il vertice del potere dello stato fascista, adottava la “Dichiarazione sulla razza“.
Non era il primo atto ufficiale del nostro paese nel quale si metteva nero su bianco l’intenzione di perseguitare gli uomini e le donne italiane di religione ebraica.
Il primo fu un decreto legge del 5 settembre 1938 che vietava ai ragazzi e alle ragazze italiane di religione ebraica di frequentare le scuole statali. Ne seguirono molti altri, fino all’ultimo del 28 febbraio 1945 dedicato a regolare l’Ispettorato generale per la razza.
Il sito del nostro Governo fa bene a conservare in un file pubblico l’elenco di tutti gli atti ufficiali della legislazione antiebraica: 34 fra atti di legge e di governo.
La Dichiarazione del Gran Consiglio non fu il primo atto ufficiale, ma fu il più importante. Fu l’inizio di un cammino senza ritorno che ha portato a quello che tutti sappiamo.
Ottanta anni sono l’altro ieri. Se allunghiamo la mano possiamo toccarli. Dai nostri padri e dalle nostre madri non sappiamo nulla. Sappiamo i fatti, quelli gli storici li hanno studiati e analizzati. Ma non conosciamo i pensieri dei nostri padri e delle nostre madri che sono stati testimoni di quei fatti. Loro non ne parlavano mai.
Noi questo errore non commettiamolo. Parliamone, raccontiamo tutto il nostro orrore di figli di un genere umano che ha potuto pensare e realizzare il male assoluto.
Per questo motivo oggi pubblico senza commenti il link al testo integrale della Dichiarazione sulla razza approvata il 6 ottobre 1938 dal Gran Consiglio.
Per invitarvi a leggerla, perché possiate toccare con i vostri occhi la banalità delle parole che si preparavano ad accendere i forni crematori.
Hannah Arendt lo spiegherà bene di lì a qualche anno quando fisserà negli occhi Eichmann e non riuscirà a trovare il mostro che si aspettava di vedere.
Ma anche per ricordare che la Dichiarazione fu figlia di un giurista italiano, Gaetano Azzariti, il cui busto è rimasto esposto a lungo nei corridoi della Corte costituzionale. Ne è stato presidente per oltre tre anni. E se nel frattempo qualche solerte funzionario il busto non l’ha rimosso, è ancora lì adesso.